Raboso Piave: viaggio alla scoperta di un’eccellenza veneta

Ne abbiamo parlato a lungo sui nostri canali social, ma se vi siete persi l’approfondimento sul Raboso Piave questo è l’articolo che fa per voi.

Dalla storia di questo antichissimo vitigno, alla scoperta delle sue caratteristiche principali fino alle interpretazioni più moderne: il Raboso è un viaggio spettacolare che merita di essere vissuto.

Un po’ di storia

I romani

La vite è presente in Italia da tempi immemori, ma è con i Romani che si hanno i primi studi in merito; nella Naturalis Historia (77 d.C.) Plinio il Vecchio indicava dei vitigni che con tutta probabilità erano i genitori degli attuali Glera e Raboso; quest’ultimo, in particolare, veniva descritto come “un vino dal colore nero come la pece”.

Sgarboso, rabioso, vin da viajo…

Se ne perdono le tracce fino agli inizi del XVI sec. quando, il drammaturgo Angelo Beolco, detto Ruzante, citò nella sua Prima Orazione un certo vin sgarboso (vino sgarbato). Probabilmente l’artista faceva riferimento al cugino padovano del Raboso Piave, oggi conosciuto come “Friularo”, e all’epoca consumato in versione frizzante. Il Ruzante infatti lo descriveva come un vino che el te salta dal bocal (salta fuori dal calice) e vin par fa paìr prie (un vino in grado di far digerire anche le pietre).

Di certo non sarà sfuggita l’assonanza tra “sgarboso” e “raboso”, e quindi potrebbe essere proprio questa l’etimologia del nome. Altre ipotesi lo farebbero derivare da un piccolo affluente del Piave chiamato appunto “Raboso”, o addirittura dal termine rabiosa (rabbiosa) che indicherebbe le forti acidità e tannicità dell’uva.

Uva che verrà chiamata per la prima volta “Raboso” solo a inizio ‘600 nell’opera Cento e dieci ricordi che formano il buon fattore di villa Jacopo Agostinetti; qui il vitigno veniva anche indicato come il vino più gradito e richiesto dai mercanti veneziani.

All’epoca della Serenissima infatti era utilizzato in taglio con altri vini per aumentarne la forza, o in purezza perché adatto ai viaggi per mare; Il suo carattere forte e la spiccata acidità lo rendevano infatti resistente alla salsedine. Grazie a queste caratteristiche, il celebre Carlo Goldoni lo definì addirittura vin da viajo (vino da viaggio).

Ma il Raboso Piave?

Il peregrinare del nostro Raboso lo porta anche in Inghilterra, dove per la prima volta il nome del vitigno è associato a quello del Piave; a fine ‘700 infatti sono state rinvenute delle bottiglie sulle cui etichette era indicato proprio “Raboso Piave”. Un vero giramondo già da secoli apprezzato dentro e fuori i confini italiani.

L’identikit del Raboso Piave

Quali sono le caratteristiche che rendono tanto speciale questo vitigno? Scopriamole insieme.

L’uva è a bacca rossa, ed il grappolo dalla forma tronco-conica presenta una o due ali, generalmente non molto sviluppate.

Particolarità di questa pianta è che sia una delle prime a germogliare e una delle ultime ad essere vendemmiata (fine ottobre-inizio novembre). È vigorosa e con produzioni abbondanti, e predilige terreni sassosi alluvionali e asciutti … come le Grave di Papadopoli!

Il colore del vino che se ne ottiene è rosso intenso con bei riflessi violacei. Agli inebrianti aromi di marasca si accompagnano grandi freschezza e sapidità gustative, oltre che una buona struttura. Quasi aggressivo da giovane, con il tempo diventa un vino indimenticabile dal colore rosso rubino con riflessi granati e sentori di prugna, frutti di bosco, frutta appassita e lievi ricordi di cuoio.

Grappoli di Raboso in attesa della vendemmia

Il Raboso Piave e Tenuta San Giorgio

Se il Raboso aggressivo ed indomito era molto apprezzato all’epoca della Serenissima, il consumatore moderno ne predilige generalmente la versione più morbida, ed è per questo che nel 2010, grazie al Consorzio Vini Venezia, è nata la DOCG Malanotte del Piave.

Tenuta San Giorgio e Malanotte

Noi di Tenuta San Giorgio abbiamo colto questa nuova sfida diversi anni fa e ne abbiamo creato una nostra versione: nasce così Brumanera.

Perché Brumanera? Il nome celebra la vendemmia tardiva di questo particolare vitigno, quando la pianura veneta è già avvolta nelle nebbie -brume- autunnali.

Ma per capire al meglio la forza di questa intrigante DOCG non possiamo non parlare del suo processo produttivo.

Il tutto inizia con la classica vinificazione in rosso di una parte delle uve di Raboso, alla quale seguono 4 mesi di maturazione in acciaio, e almeno 28 in legno. Una seconda selezione di uve viene invece posta in appassimento per circa tre mesi, vinificata in acciaio e lasciata maturare in legno per almeno 28 mesi. Le due cuvée vengono infine unite e sono lasciate affinare per almeno 4 mesi in bottiglia.

L’utilizzo di uve passite e la lunga maturazione in legno aiutano a domare l’impetuoso tannino proprio del Raboso, mantenendo comunque una buona acidità che rende ogni sorso un vero viaggio nel gusto.

Da Tenuta San Giorgio a Hollywood è un passo

Brumanera non è però l’unica star della nostra cantina.

Reposum è un passito di Raboso, ed è certamente da annoverare tra le punte di diamante della nostra produzione. Un vino avvolgente e suadente, reso incredibilmente piacevole dalla freschezza tipica del Raboso e dalle note olfattive di ciliegia candita e fave di cacao. L’appassimento di tre mesi sui graticci e la lenta maturazione in legno di almeno 20/24 mesi rendono il riposo una caratteristica di nome e di fatto di questo vino. Da provare in abbinamento al cioccolato fondente.

Reposum e Brumanera

Degustiamo?

Se abbiamo suscitato in voi un po’ di curiosità verso questo meraviglioso vitigno, non possiamo che invitarvi a seguirci sui nostri canali social per restare aggiornati sulle prossime degustazioni dedicate al Raboso.

Ci vediamo in Tenuta!